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UNA ESCURSIONE SUL MONTE VELINO (in montibus gaudium)
Notte d’agosto splendida, incantevole. Biancheggia il plenilunio su le ristoppie de l’adusto Fucino e su la piana de l’Imele argenteo.
Balena il ciel di lame d’oro effimere che i campi eterei inghiottono. Dormono i borghi de l’austera Marsica sotto il nival, fantastico velario.
E tutto tace, né sentor di palpiti v’ha nel silenzio insolito: anco il cantore de le notti limpide muto s’asconde ne la siepe, attonito.
Oh, la vita è fuggita? Ove del popolo forte le gioconde opere rustiche e i lepidi canti su l’aie al tremolar de l’amorose Pleiadi?
Ove il muggito di giovenche libere per i montani pascoli e dei pastori le ancestrali nenie, compagne arcane del fluir dei secoli?
Pur c’è chi vive; per le balze impervie del Velino massiccio che vide Roma con i Marsi indomiti scendere a patti e il biondo Svevo in lacrime
sfuggire al fato per giogaie asperrime, ardimentosi giovani van ne l’incanto de la notte splendida, meravigliati del sublime….Madidi
il crine, percossi il petto da l’ansito, volgono a un tratto trepidi guardi a la cima dal sorriso sfingeo…. “ Excelsius.li rincuora un grido, excelsius !
“Sfidiam l’Aurora audaci e l’aureo cocchio “là ci raggiunga, al vertice ! Novello ardore nelle vene circola, si scala l’ultima roccia: - Vittoria !
Da l’Adriatico Mar, siccome a premio, (mai fu si bello e fulgido) si leva il sole e bacia in fronte i giovani cui più vicino ride Iddio, l’Altissimo. V. E. LAURINI
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